Apre “La Bottega degli Sballati”. E’ il nome quasi perfetto per un disco pub, ma in realtà è un negozio di…? Da cosa nasce questo nome?
E’ un negozio di prodotti alimentari biologici principalmente sfusi, quindi ‘sballati’ perché senza imballaggio. Questo nome nasce dal desiderio di trasmettere, tramite ‘la Bottega’, l’idea di un qualcosa di ‘vecchio’, perché è un termine che mi da l’idea di qualcosa che va indietro nel tempo, più calda, più accogliente e più familiare. Sballati perché serviva un nome che desse nell’immediato (poi mi sono resa conto che non è così) l’idea di un’attività che volesse abbattere gli imballaggi alimentari.
Perché a Ispra?
A Ispra perché abitiamo qui vicino e perché c’è il Centro della Comunità Europea.
Ci sono molti stranieri residenti, e ci rendiamo conto (è anche una conferma quotidiana) che hanno un’attenzione maggiore verso l’ambiente. Quindi la scelta del ‘chilometro zero’, la scelta del biologico, la scelta del prodotto senza imballaggio, per lo straniero è una cosa più naturale, mentre l’italiano deve entrare nell’ottica di ridurre l’imballaggio, di ridurre il chilometro e di calcolare anche il prezzo, perché tutti i prezzi sono esposti al chilo, tranne per il confezionato, e noto che tante volte l’italiano fa fatica a capire che magari costa di meno, è soltanto il prezzo che è esposto in modo diverso.
Qualità, risparmio, innovazione e cuore. Quattro caratteristiche accattivanti. Ce le può spiegare?
Qualità e risparmio sono molto collegate, nel senso che uno dei grandi obbiettivi è poter mangiare bene ad un prezzo giusto. Spesso e volentieri il prodotto biologico viene collegato ad un prezzo costoso, e di fatto può essere così, nel senso che i tempi, la qualità e la lavorazione delle persone vengono retribuite in modo più equo rispetto la grande distribuzione. Il pensiero è stato “come si fa a mangiare bene e ad avere un cibo garantito ad un prezzo accessibile?”. Da lì nasce l’idea di risparmiare sull’imballaggio, e il risparmio c’è sia per il produttore che per il consumatore , a più livelli, non solo in fase di produzione, ma anche dei costi sociali per lo smaltimento dei rifiuti che noi non calcoliamo mai. Il pensiero è stato quello di avere il prodotto di qualità riuscendo a risparmiare non sul lavoro delle persone, non sulla qualità degli alimenti, non sulla loro certificazione e sulla loro garanzia, ma su quello che si può eliminare, quindi il rifiuto.
L’innovazione io la vedo da due punti di vista. Non è la novità del momento il fatto di vendere un prodotto sfuso accessibile ai clienti che si possono servire liberamente in modalità self-service. I contenitori a caduta di gravità e a paletta ti permettono di avere un prodotto garantito dal punto di vista igienico perché non si tocca mai con le mani.
Se invece preferisce essere servito, la quantità la può comunque scegliere, giustamente nella bottega c’è chi ti accoglie avendo cura di te.
Questo ti permette di fare, con 10 euro, una spesa di prodotti di varie tipologie e anche di assaggiare qualità differenti che magari altrimenti non compreresti.
E poi l’innovazione che noi sentiamo un pochino più grande è quella di non appoggiarsi, per i prodotti biologici, alle grandi distribuzioni. Aver voluto incontrare e conoscere ogni singolo produttore, diventa proprio ‘dalla fattoria alla bottega’ o ‘dal produttore al consumatore’ perché abbiamo saltato qualsiasi via di intermediazione e tante volte anche questo permette di abbattere i costi, o comunque di garantire al produttore stesso la possibilità di scegliere il prezzo del proprio prodotto in modo tale che non venga imposto.
Il cuore è una scelta che sicuramente parte da un sentimento di rispetto profondo per la Terra, per ciò che ci nutre, ed è un cuore che abbiamo sentito condiviso con tutti i produttori che abbiamo incontrato. La selezione dei produttori è stata proprio per la condivisione di intenti, che sono essenzialmente il rispetto per la Terra, i suoi ritmi, i suoi tempi e il volerla anche tutelare attraverso il proprio lavoro. Dove abbiamo sentito questo sentimento condiviso, la sensazione è stata quella di un cuore gigante e quindi il cuore è sicuramente una componente fondamentale per le nostre scelte.
Da dove arrivano i vostri prodotti?
I prodotti arrivano innanzitutto dall’Italia e abbiamo cercato il più possibile di fornirci da produttori e artigiani vicini alla nostra realtà.
La realtà produttiva della provincia di Varese è ancora abbastanza scarsa. Riusciamo a rifornirci di verdure locali che provengono da Laveno, Solidarietà 90, per la frutta e la verdura ci appoggiamo a Ortus, che è un consorzio di cooperative di Calcinate del Pesce e localmente riusciamo ad avere dei formaggi da Pian dell’Ares.
Ci rivolgiamo molto al Piemonte per farine, cereali e legumi, e per il vino da Valli Unite. Diciamo che la selezione è stata su più piani, da una parte sul chilometro, dall’altra se il chilometro non riusciva a garantire determinati parametri per noi fondamentali, l’abbiamo aumentato e piano piano ci siamo allontanati dalla nostra zona. La provenienza più lontana è la Sicilia, principalmente per gli agrumi e per i preparati a base di pesce che provengono da Pesca Sostenibile del Mediterraneo.
La carne e i salumi arrivano dall’Appennino di Parma, ma questo perché è l’unica realtà che ci ha garantito dei prodotti molto salutari: gli unici conservanti usati nei salumi sono il sale rosa dell’Himalaya e il freddo.
Un negozio che apre in un momento di crisi, dove la gente guarda molto il prezzo. E la qualità?
La gente guarda la qualità, soprattutto sui prodotti freschi.
Ho proprio la sensazione che siamo arrivati al punto dove si mangia un po’ meno, ma lo si mangia buono. C’è un po’ di resistenza su alcuni prodotti, ma per i tempi di preparazione.
Forse si fa ancora fatica a capire che se il riso integrale ci mette 50 minuti per cuocere, non dev’essere solo una noia, e se trovi un riso integrale che per cuocere ce ne mette 20 minuti, qualche domanda te la devi fare. I legumi secchi hanno dei tempi di ammollo e di cottura che sono lunghi, però sono dettati dal fatto che vengono rispettate pienamente le proprietà nutritive dell’alimento. L’altra ricerca di qualità è sulla frutta e sulla verdura.
Con l’apertura di questa tipologia di negozio, che risposta ha avuto dalla gente?
Gli stranieri entrano con grande naturalezza, sanno già come muoversi e si vede che sono realtà alle quali sono abituati.
Sono persone che chiedono maggiormente informazioni sui prodotti e sono molto interessati al rapporto di fiducia che si instaura con noi.
Tanti italiani entrano incuriositi, le persone del quartiere, inaspettatamente, sono diventate degli abituè per alcuni prodotti. Poi ci sono anche gli italiani che entrano e ti dicono:”Finalmente posso comprare questi prodotti vicino a casa!”
Biologico, ecologico e naturale. Secondo lei perché la gente comincia a crederci di più?
A volte, parlando con le persone, mi rendo conto che tanti lo legano alla salute, per problemi o per intolleranze, quindi ci si arriva a chiedere se è quel che mangiamo o come lo mangiamo.
Io continuo a vedere un divario enorme tra gli stranieri e gli italiani, mi sembra che lo straniero è molto più attento anche alla produzione dei rifiuti.
Per incuriosire i non ancora clienti bisogna essere innovativi o bisogna attuare un ‘ritorno alle origini’?
Noi abbiamo tralasciato il metodo pubblicitario perché la nostra idea è di voler produrre meno rifiuti possibili e non vogliamo riempire le cassette postali di carta. Mi sento molto più vicina a un ‘ritorno alle origini’ anche perché, secondo me, la dimensione che è più importante e interessante da riscoprire è la dimensione umana, legata tanto anche alla fiducia.
Lei supporta il cliente prima, durante e dopo la vendita dei prodotti. Questo suo atteggiamento vuol dire differenziarsi e tendere la mano anche a chi si affaccia alla filosofia bio-naturale con le idee ancora poco chiare. E’ una tattica del negoziante?
Per me è un piacere poter spiegare tutti i prodotti che abbiamo qui, perché anch’io, a mia volta, me li sono fatti spiegare da chi li produce, e come li produce. Sono cose molto belle da raccontare, e anche per carattere mi viene spontaneo. Trovo importante poter informare le persone e quindi penso che scegliere che cosa mangiare comporti anche l’essere informato su che cosa mangi. Quindi non è una tattica, ma un valore molto forte che do al cibo perché non è solo quello che ti riempe la pancia, ma diventa anche un modo per nutrire altre parti del corpo.
Che tipo di rapporto ha coi suoi fornitori?
Tanti fornitori sono diventati amici e ci sono anche venuti a trovare, un po’ perché hanno vissuto l’apertura della Bottega insieme a noi e un po’ per la curiosità di vedere cosa abbiamo fatto perché glielo abbiamo raccontato. Un altro aspetto molto bello è la sensazione di sostegno reciproco, quindi da una parte io che voglio spingere il loro prodotto e farlo conoscere al cliente, e dall’altra loro che vogliono aiutare me nel riuscire a proporlo nel modo migliore. Sembra di essere usciti dal mondo moderno, quindi non è più il venditore che cerca di piazzarti una grande quantità di articoli, ma ti consigliano anche sulle quantità da prendere per poi vedere se il prodotto si vende.
Lei si è avvicinata al bio-naturale per ereditarietà o per convinzione personale?
Sicuramente per convinzione personale.
Ho dei ricordi di quand’ero piccola dove andavo quotidianamente nell’orto di mio nonno per vedere di quanto crescevano le zucchine, o quando cercavo di capire di quanti gradi si inclinasse il girasole durante la giornata.
Poi sicuramente le esperienze lavorative e di vita mi hanno accostato tanto al mondo dell’educazione ambientale e l’essere guida ambientale, lavorare tanto con i bambini e i ragazzi, e vivere nella natura, sicuramente hanno amplificato questa convinzione.
Funziona il mercato dei cambiamenti?
Secondo me si ed è l’unico mercato possibile futuro.
Io posso dire che adesso funziona dal punto di vista della soddisfazione personale, se funzioni o no dal punto di vista monetario è ancora presto per dirlo però la gente si sta sempre più rendendo conto che il cambiamento è necessario, dove siamo adesso e come siamo ora non è più sostenibile.
Iniziative mirate a fidelizzare i clienti, a coinvolgere le persone e ad amplificare la conoscenza di bio e natura: i vostri corsi-incontri hanno questo scopo?
La cosa molto bella che si sta già verificando (era uno dei miei intenti e in realtà non lì ho dovuto nemmeno promuovere perché sta accadendo naturalmente) è quella di poter veramente cogliere i desideri delle persone che frequentano la Bottega e capire che cosa vogliono.
Noi abbiamo proposto una gamma di prodotti che pensiamo sia necessaria, però sta aumentando perché è il cliente che sceglie ed il consumatore è il protagonista. Lo scopo degli incontri è sicuramente quello di creare un circuito dove ci sia uno scambio di informazioni e dove ci sia anche la possibilità veramente di scegliere insieme che cosa serve.
Questo negozio è pensato in parte per il self-service (sono presenti i gravity bins). Perché questa scelta?
Pensando sempre a questa vita frenetica, abbiamo predisposto la Bottega in maniera che uno si possa servire da solo, se poi vuole essere servito noi siamo qui.
Diventa molto curioso vedere il divertimento dei bambini o dei ragazzini che vengono a fare la spesa per la famiglia.
Il Concetto di Sovranità Alimentare (Forum di Nyeleni 2007 -Mali). Che cosa ne pensa?
Il Concetto di Sovranità Alimentare è forse il concetto che esprime al meglio quello che è l’intento di aver creato una bottega di questo tipo. Motiva il fatto che cerchiamo produttori italiani e locali e che non ci appoggiamo alla grossa distribuzione, quindi l’idea che la scelta di che cosa mangiare e di come mangiarlo ritorni in mano delle persone, ma a livello territoriale e non a livello globale, è sicuramente un principio che ha regolato le nostre scelte. Questo ci penalizza da altri punti di vista perché non ci rende commerciali, nel senso che non essendo riusciti a trovare, perché di fatto non esistono, degli artigiani diretti che producano per esempio il latte di riso o il latte di avena, noi abbiamo deciso di non tenerlo, se l’unico modo è di appoggiarsi alla grande distribuzione.
Obbiettivi per il futuro?
La Bottega è in costruzione, quindi continuare a sistemare casa, perché noi la sentiamo come una casa. Renderla ancora più accogliente, aggiungere nuovi prodotti.
Uno dei miei più grandi obbiettivi è quello di essere un punto di appoggio che permettere alle persone di tornare ad autoprodurre, quindi non tanto di cercare il piatto pronto, ma il trovare gli ingredienti giusti che ti permettono di farti tu il tuo cibo. Lo trovo conveniente da più punti di vista. Questo ti permette di risparmiare sulla tua spesa personale e di mangiare bene, perché se il primo ingrediente è buono, l’alimento finale è ottimo, dove però tu ci hai messo anche il tuo lavoro, le tue energie e il tuo tempo.
L’ultima domanda la lascio a lei: che cosa si chiederebbe?
Mi chiederei se è la direzione giusta; alla fine abbiamo intrapreso questo tunnel, sperando in una luce che ci guidi all’interno di questa oscurità, non sapendo bene dove andremo a finire.
Questo è quello che mi chiedo quotidianamente.
Io sono molto flessibile da certi punti di vista, ma poi sono rigidissima sui miei quattro principi base di vita (qualità, risparmio, innovazione e cuore), quindi mi chiedo se questi principi ci penalizzeranno o se invece saranno favorevoli all’attività. Sento tanto anche il Concetto della Sovranità Alimentare, quindi non voler avere solamente rapporti diretti col produttore e non volere rapporti con la grande distribuzione. Questa scelta ha comportato un lavoro veramente immenso in fase di scelta dei fornitori e lo è tutt’ora perché dire al cliente “ No, questo non ce l’ho e non lo voglio tenere” è comunque una scelta forte.