A metà 900 esplode una “corsa alla profondità” che parte da Raimondo Bucher fino ad arrivare, ad oggi, con Gianluca Genoni. Qual è il fascino degli abissi?
Il fascino degli abissi fondamentalmente sono emozioni molto forti, il silenzio che ti avvolge, il tuo corpo che perde peso e la sensazione di benessere diffusa. Ecco, quello che chi non è apneista non capisce, è che trattenere il respiro e immergersi negli abissi dà delle sensazioni positive, quindi tranquillità, benessere, si sta bene; la maggior parte invece pensa che trattenere il fiato sia una prova di forza e un atto di violenza, invece il fascino è proprio questo benessere, questa tranquillità che si prova durante queste immersioni, durante queste discese.
Gianluca Genoni è il primo uomo al mondo ad immergersi per oltre 60 metri a 3000 metri di altitudine, Cervinia anno 2002, e a più di 5200 metri di altitudine ai piedi dell’Everest nel 2003. Come ricordi quei momenti? E’ stato un impatto più difficile?
Sicuramente la spedizione sull’Everest è stata uno degli esperimenti e dei viaggi più belli che abbia mai fatto, un mondo molto diverso dal nostro; e sicuramente è difficile convivere con queste altezze, con queste quote così alte. Questo lago che è il più alto nel mondo è a 5100 metri di altezza. Più che la temperatura che è quello che la gente immagina subito, quello che ti frena molto è la carenza di ossigeno, quindi questa mancanza di ossigeno che ti rende difficile fare tutto, camminare, correre, muoverti e quindi anche trattenere il respiro. Io sono andato a fare un esperimento con il CNR, ma al di là della serie di esperimenti sull’adattamento dell’uomo alla quota, è stata un’emozione molto forte e molto bella per la gente che ho trovato in questi posti, per i paesaggi e per le situazioni che non ho trovato da nessuna altra parte.
Dal record del 1996 di -106 metri a quello assoluto del 2012 di -160 metri. Cosa ti spinge sempre più in profondità?
Fondamentalmente nel corso degli anni ho avuto stimoli differenti.
All’inizio è stato dimostrare qualcosa a me stesso, poi dimostrare che ero più forte di altri, ho avuto rapporti diversi con la profondità e coi record. Dal 2006, quindi da un po’ di anni ormai vivo questa disciplina, questa sfida con gli abissi, come una sfida più che altro con me stesso, qualcosa dove metto a frutto tutti gli studi che hanno fatto su di me e tutti quelli che ho fatto su questi prototipi di attrezzatura, e quindi è un po’ una sfida riuscire a scendere dove mai nessuno è arrivato, cercando di eliminare quelli che sono i rischi e le problematiche di un’attività come questa.
Fino a quanto può arrivare un uomo? Fino a quanto può arrivare Gianluca Genoni?
Io ho superato più di 20 minuti di apnea da fermo, in apnea statica, e quest’anno ho superato i 160 metri di profondità in allenamento. Sono quote veramente importanti e soprattutto in profondità è difficile garantirsi una sicurezza oltre certe misure, almeno adesso, sia per l’apneista, quindi per me che scendo, ma anche per tutti i subacquei che mi fanno assistenza con le bombole. Persino per loro è difficile ed è molto faticoso fare immersioni a queste quote, ci sono stati già diversi incidenti, alcuni molto gravi a profondità inferiori, di apneisti molto forti, quindi siamo vicini al limite.
Record e limiti è tutta solo una questione di testa?
Fino ad un certo punto si, poi è una questione proprio fisica. L’uomo non è fatto per non respirare, e non è fatto neanche per subire pressioni così forti, quando scendi a 155, 160 o 165 metri di profondità, la pressione la senti, perdi lucidità. Oltre una certa quota non sei più lucido.
E’ una questione di testa mantenere l’autocontrollo e mantenere la calma in certe situazioni, è una questione fisica perché oltre un certo limite non siamo fatti per andare, ma come in tutti gli sport del resto.
Discesa con un propulsore elettrico. Cosa cambia per la tua prestazione?
Diciamo che è l’attrezzatura molto più tecnologica che ho sviluppato in questi ultimi anni.
Cambia che rispetto alla discesa con le pinne è più facile. E’ più difficile che scendere con un peso, però ti da l’opportunità di fermarti quando vuoi, ti dà la possibilità di capire se sei più o meno lucido perché devi guidarlo tu questo scooter. Mi dà il mezzo di poter scendere con questo giubbotto d’emergenza che ha un computer, fondamentale nell’evenienza di rottura dello scooter, e che, nella circostanza di problemi miei, premendo un tasto, si gonfia ed io risalgo quando voglio, quindi aumenta molto la sicurezza e anche le prestazioni sono più importanti.
Il silenzio che trovi sott’acqua e la pace interiore è uno scontro/incontro tra fascino e paura?
No, io non ho paura quando faccio queste cose, ho rispetto per quello che vado a fare.
Non è che mi schianto a 200 metri ‘così’.
Sono molto meticoloso nella preparazione mia e dell’attrezzatura, però paura mai.
Credo che se tu hai paura di fare una cosa simile, non riesci proprio a farla.
Per il tuo sport ci vuole solo un allenamento fisico o anche una preparazione mentale?
Ci vogliono tutte e due, devi avere una grande preparazione fisica, però se non sei pronto mentalmente non riesci.
Magari in allenamento fai ottime prestazioni poi al momento della gara ti emozioni, sei teso, nel giorno del tentativo vai in confusione per la situazione che hai attorno che cambia di molto, e le tue prestazioni diminuiscono di tantissimo.
Quindi ci vuole senz’altro una grande preparazione fisica, però mentalmente devi essere preparato a quello che vai incontro, a quello che vai a fare.
Momenti di panico?
Non ho mai avuto panico, tranne una volta quando in un’immersione a più di 150 metri ho avuto un problema con l’attrezzatura che non ha funzionato bene e sono svenuto a 140 metri di profondità. Sul momento mi sono reso conto che stava succedendo qualcosa che non andava, ma il panico vero è stato quando i subacquei mi hanno rimandato in superficie ed ho capito cos’era successo.
Ecco, lì mi sono spaventato. E’ stata l’unica volta che ho avuto paura.
Qual è il ricordo più bello legato alle tue immersioni?
Sicuramente a livello sportivo il primo record, perché è tanti anni che lo insegui, che ti prepari, che ti alleni, e lo vedi un po’ come un sogno. Quindi il 17 Agosto del 1996, quando ho fatto il mio primo record a -106 metri, è stato il giorno a livello sportivo che ricordo di più.
Invece, a livello di rapporto con il mare ho avuto delle emozioni forti le prime volte che ho nuotato coi delfini, la prima volta che mi sono immerso con gli squali e quando mi sono immerso con le pescatrici di perle coreane. Situazioni differenti che però mi hanno lasciato un ricordo e mi hanno lasciato delle emozioni.
Prossimo obbiettivo?
Quest’anno non farò tentativi di record come ho fatto l’anno scorso, ma mi dedicherò di più a dei video e a delle immagini che dovrò girare per degli sponsor in posti un po’ particolari e per obbiettivi legati ai record bisogna vedere un po’ tutto il discorso che ho detto prima legato alla sicurezza di tutta la squadra che lavora.
Il tuo percorso inizia con la paura dell’acqua. Come hai sconfitto questo timore e/o cosa ti ha spinto a provare a tuffarti?
Mia mamma mi ha accompagnato in piscina proprio perché era stufa di vedermi al mare sempre con i calzini perché non volevo bagnarmi i piedi, e da lì, poco alla volta ho vinto varie sfide.
Ho iniziato a stare in acqua, poi a tuffarmi, poi a nuotare e a fare le gare di nuoto.
Ho fatto nuoto agonistico e sono arrivato quinto ai campionati italiani quindi sono un buon nuotatore.
Poi c’è stata l’apnea per caso, sfidando i miei amici in piscina a chi stava sott’acqua più tempo.
Nel 1991 ho fatto militare nella Marina Militare e da lì ho iniziato ad andare sott’acqua in mare perché ero alle Cinque Terre, a La Spezia. Nel 1996 ho avuto la fortuna di avere a disposizione una situazione e fare un tentativo di record a Siracusa, che è la città di Enzo Maiorca, uno degli apneisti più famosi, e da lì ho iniziato a fare i record.
Però è stata una cosa per gradi, ho vinto la paura poco alla volta.
Gianluca e i delfini: Ti senti un pesce?
Hai mai desiderato di esserlo?
No, nel senso… i delfini sono molto particolari, sembrano dotati di un’intelligenza superiore rispetto agli altri pesci e sembrano quasi volerti parlare, voler dialogare, e sono sicuramente di una delicatezza e di una agilità in acqua, come tutti i pesci per altro, che è unica. Senz’altro molto ammaliante nell’immaginario di tutti, il delfino è il pesce più particolare, più bello e più affascinante.
Durante le immersioni, quando sono molto allenato, mi sembra proprio di non aver più bisogno di dover respirare, sto immerso anche molto tempo e anche a grandi profondità e mi sembra proprio di non aver più bisogno di respirare. A me piace stare in acqua, io sono quasi più a mio agio quando sono immerso, però anche quando sono fuori sto bene, non è che il mio sogno è vivere sott’acqua ed essere un pesce.
L’ultima domanda la lascio a te: cosa ti chiederesti?
Cosa che mi chiedo ogni tanto è “Ma chi te lo fa fare dopo così tanti anni di continuare a fare queste cose?”
Credo che non c’è un motivo vero e proprio per tutte le passioni. Mi rendo conto che quello legato alla mia carriera dei record è quasi finito per la profondità raggiunta, ma anche per l’età che ho.
Io ci sto proprio bene in acqua, ho iniziato ad andare in piscina che avevo 5 anni e da lì non ho più smesso e ci vado tutti i giorni. Quindi come per molte cose non c’è una spiegazione logica e anche per questo a volte me lo domando, ma non riesco neanch’io a darmi una risposta sensata. Se non vado in acqua per due o tre giorni di fila mi manca proprio, soprattutto in mare, ma vivendo in queste zone, anche in piscina.
Io vado tutti i giorni a nuotare, che serve per allenarmi, ma anche per scaricare le tensioni, per rilassarmi e per stare bene con me stesso.