Vent’anni di ‘Ale&Franz’.
Tra di voi è vero amore?
Eh Beh! Dopo vent’anni, dai! Vent’anni è vero amore, se no… Non arrivi a vent’anni!
Come nasce la vostra coppia?
Facevamo parte di una compagnia amatoriale, ci siamo conosciuti così.
Poi abbiamo frequentato una scuola insieme, conoscendo persone, come Paola Galassi, che ci hanno dato le possibilità di arrivare in un locale dove fare un laboratorio e provare.
Lì c’era Natalino Balasso che ci ha un po’ guidato in questo percorso.
Dopo qualche mese avevamo uno spettacolo e abbiamo iniziato a girare nei locali. Questo è il nostro inizio.
Dalla panchina alla rapina.
Mi ricordo un vostro spettacolo dove facevate fatica a trattenere la risata.
Il fascino della spontaneità.
C’è una scena che, a ricordarla, vi fa ancora tanto ridere?
Sai, a noi tutto quello che facciamo, sul palco alla sera, ci fa ridere. Quindi momenti di questi vent’anni in cui ridiamo, si, ce ne sono tanti. Abbiamo molti bei ricordi, ogni sera succede sempre qualcosa.
Una volta, al Centrale del tennis a Roma, durante lo spettacolo sono iniziati i fuochi d’artificio ed io e Ale ci siamo seduti a guardarli. C’erano tremila persone, quindi è stata una cosa divertente.
Di cose divertenti ne sono successe tante in vent’anni, ma ogni volta che accade qualcosa, ed esce dagli schemi che ti eri preparato a casa tua, quello rende particolare quella serata.
L’incubo nel cassetto?
Incubo… Non ne ho. Spero di avere sempre delle cose da dire in questo lavoro. Quando non avremo più niente da dire, non andremo più avanti. Però non è un incubo. A questa domanda ti potrò rispondere magari fra vent’anni, e ti dirò come sono andate le cose. Non so dirti se naturalmente un artista si spenga, io non lo credo questo. Però non è un incubo, no. E’ uno sviluppo, un’evoluzione. Bisogna aver voglia di andare avanti.
I vostri progetti?
Ne abbiamo tanti! Uno teatrale, che è la nostra casa, il teatro è il nostro habitat; e siamo partiti quest’inverno scrivendo uno spettacolo nuovo e facendo una trentina di date in provincia. Adesso ne faremo altrettante e poi faremo l’allestimento vero e proprio, quindi al primo posto c’è quello. Abbiamo un po’ di cose televisive lì, bloccate dalla crisi; vediamo un po’, se si sbloccano. Quest’anno abbiamo deciso di ritornare un po’ a casa, cioè di tornare a Zelig, perché abbiamo delle cose scritte e, secondo noi, Zelig rimane ancora oggi il contenitore migliore per poter fare comicità senza scendere a compromessi con la televisione. Quindi se vogliamo fare comicità andiamo lì.
Franz… un pregio e un difetto di Ale?
Il difetto che è interista, ovviamente.
Il pregio è sicuramente il suo lato creativo.
L’ultima domanda la lascio a te: che cosa ti chiederesti?
Mi chiederei… Sono contento del percorso fatto in questi vent’anni?
E risponderei di si perché è un percorso fatto di tante cose, ma anche di tanti rifiuti. Talvolta la strada di un attore, di un artista, passa non per le cose che fai, ma per quelle che decidi di non fare. Noi ne abbiamo rifiutate tante e ogni tanto ce lo diciamo, guardandoci indietro. Magari abbiamo sbagliato, però poi dentro sappiamo che abbiamo mantenuto la nostra linea, dall’inizio fino ad oggi. E quindi siamo contenti.
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