Enrico Beruschi: un artista unico e poliedrico.
E’ il 1972 quando, dopo quindici anni come ragioniere, decide di lasciare un lavoro sicuro per il cabaret e si esibisce, per la prima volta in pubblico, sul palco del Derby.
Oltrepassiamo i 40 anni di carriera: cosa Le ha fatto prendere questa decisione azzeccatissima?
Ho parlato per la prima volta, in pubblico, nel ’72 e ho lasciato l’ufficio nel ’74.
Artista è esagerato, perché artista? Magari quando sarò morto diranno: “Era un artista!”
…cerchiamo di valorizzare le persone, brave, vive…
Sai, le cose che avvengono, e che sembrano eroiche, a ripensarci…: uno che è vice-direttore, molla l’impiego e la carriera per fare l’ultima ruota del carro al Derby di Milano… che adesso è mitico, allora era vivo.
Sono cose che succedono!
Pietro Micca, una mattina, nel 1706 mi pare, alla moglie ha detto: “Vai tu a prendere i bambini, che io vado in ufficio”. L’ufficio era lì, arrivarono i francesi e fecero scoppiare tutto.
E’ diventato un eroe, ma la mattina lui non lo sapeva, quindi non è poi così certo. Soprattutto intorno ai miei 40 anni, quindi qualche anno dopo, trovavo i quarantenni che sognavano un microfono. L’avevano usato da giovani, magari erano in un gruppo e han fatto un qualche cosa, poi la laurea, la famiglia e la moglie. Han dovuto smettere per fare i seri.
Io sono stato fortunato: ho fatto il contrario.
A me piace andare contro corrente, in genere.
Drive in: c’è qualcuno che Le chiede di ripetere la battuta ‘Orologiao-ao-ao’?
(Il Sig. Enrico ride…)
Guarda, è successa una cosa carinissima qualche mese fa.
Mi hanno invitato in RAI per fare un cammeo, una cosina.
Ero un po’ titubante perché RAI e Mediaset sono vent’anni che non mi guardano e non mi chiamano.
Ho chiesto di mandarmi il testo per capire. Era mettere in vendita Mediaset, ed io, come personaggio di Mediaset che facevo ‘Orologiao’.
Solo che non sapevano, e non gliel’ho detto, che Orologiao, quello originale, è nel cassetto del comò. Quindi l’ho portato. Quando l’ho tirato fuori sono impazziti tutti questi giovani autori, trenta-quarantenni e così volevano fare la foto con l’Orologiao, o con me con su l’Orologiao.
Me lo chiedono quasi tutti i giorni.
Però quello era il massimo: “Se vieni a casa mia… ti faccio vedere l’Orologiao…”
No, sarebbe una sorpresa, per mia moglie, per mio figlio…
Bello, bello!
Con ‘Io e Margherita’, con a fianco la storica compagna di lavoro Margherita Fumero, che i più giovani conoscono perché è la Vanda di Camera Cafè, siete riusciti a realizzare una sit-com con puntate di dodici/tredici minuti, la giusta misura in cui fate ridere senza essere volgarità e senza parlare di politica.
Oggi non lo fa praticamente nessuno.
Perché secondo Lei?
Perché non fanno queste cose senza parolacce…?
Perché non sono capaci.
O perché gli dicono che ‘bisogna far così’.
Io contesto un pochino.
Dicono: “Il pubblico vuole questo”
Io rispondo: “Ma perché non provate a dargli qualcos’altro?”
Comunque tutti han diritto di vivere e facciano come vogliono.
Io in macchina ho copie di cd con tutte le cose di Walter Valdi, e e alcune che abbiamo fatto assieme. E’ un doppio cd, io, Visentin, c’è Lauzi, c’è Roberto Negri alle musiche, c’è anche gente che non c’è più. Ma lo do ai giovani cabarettisti, come corso propedeutico, per capire come da tutte le cose che si vedono in giro, che succedono, come si può carpire il lato umoristico.
Io ero uno che raccontava le storie di amici, storielle e barzellette.
D’altra parte oggi uno che fa questa cosa, lo buttano in televisione e magari non ha la preparazione sufficiente, ma col tempo migliorano.
Si spera.
E quelli che non c’entrano… escono.
…anche quelli bravi a volte vengono messi da parte…
si, ma il nostro non è un mestiere statale, o di banca o di posta, c’è sempre un’alea che si corre, quindi si rischia di stare fuori.
La comicità italiana attuale, come lo spettacolo in generale: oggi basta poco per essere un comico.
Dov’è finita la gavetta?
Non ce n’è, infatti vedi chiamare ‘Comici’ tutti comici, ma bisogna vedere!
Ecco: dopo ‘Non Stop’, siamo nel ’77/’78, in un’intervista su ‘TV Sorrisi e Canzoni’, hanno chiesto a Gino Bramieri: “Cosa ne dice di questi comici nuovi?”
I ‘comici nuovi’ eravamo io e Grillo.
Bramieri diceva: “Comici… per adesso fanno ridere. Per vedere se sono dei comici, bisogna vederli in teatro.”
Io l’anno dopo, ho fatto teatro per la prima volta.
Con Gino Bramieri, il ‘Ginone’, eravamo amici e fino all’ultimo mi ha chiesto di fare qualcosa insieme, in milanese, io e lui.
Non si è realizzata, però sono stato promosso comico, in teatro.
Frecciata: Grillo non è capace. (…Il Sig. Enrico ride…)
Bravissimo come monologhista, e comico anche, però secondo Bramieri bisognava andare in teatro e lui non sa recitare, non è capace, non è mai riuscito.
Magari sarebbe anche capace…
…posso scriverlo?
Si! Siamo amici!
L’ultima volta non ha lasciato uscire la moglie per venire a teatro a vedermi!
Li ho detto: “Sei un gelosone dell’ostrega! A te non ti voglio perché mi disturbi la platea, ma tua moglie si!”
Quali consigli si possono dare ai giovani comici?
Come si possono aiutare quelli bravi?
Dunque… Aiutare… Io mi dedico proprio, quando posso, ai giovani.
Esempio: domani sono al ‘Festival della canzone’ di Arese. E’ il secondo anno, ce ne son tanti. Domani sono in 35/38 giovani, li dobbiamo ridurre a 20, io ho proposto 16, e infatti hanno deciso per 18.
Ieri ho fatto un cortometraggio per un giovane regista.
Perché ci tengo.
Mio figlio è un giovane regista. Non posso dire che cosa, ma ha fatto una puntata pilota di un’idea nuova. Mi ha preso per un attore e quindi ci sono anch’io. Ma perché i giovani vanno valorizzati, vanno aiutati, ma una cosa che io ho ben presente e che da fastidio a molti, è che io dico: “Bisogna aiutare e coltivare le speranze, non bisogna creare o coltivare le illusioni!”
E invece, quasi tutti, pensano di illudere ed è pieno di gente che si illude. Anche nei cantanti, tutti giovani, bravi, ma se cantano anche come la Mina, cosa me ne frega? C’è già Mina!
E allora?
Quando ho fatto Sanremo io, nel ’79, c’era una ragazza brava che paragonavano a Liza Minnelli.
Che canzone han preparato? ‘New York’.
Non è neanche arrivata in finale, povera stella!
Quindi…questo lo porto d’esempio…
…manca un’identità?
Beh! Ma mettete qualcosa, ma che sia di vostro! Impegnatevi! Ma questo anche nel lavoro e nei colloqui di lavoro, sia per entrare in banca, che in un’azienda privata, soprattutto dove bisogna rendere.
Siate voi stessi!
Qual è il comico, o i comici, del momento che Le piacciono di più?
Una domanda imbarazzante…
… ma non posso chiederLe quali non Le piacciono!
Prima devo trovare un comico!
…se vuole Le dico quelli che piacciono a me…
Perché, i comici di oggi, quelli del cabaret per esempio, quello che dimenticano è la satira.
La satira non esiste. L’umorismo latita, e la satira non c’è!
Io ho proposto di fare una puntata di ‘Chi l’ha visto?’
…(rido)… Per cercare la satira?
Per spiegare ai giovani che cos’è e com’è fatta la satira!
…ma non sarebbe male…
…no, sono spiritoso!
Dimmi, fammi dei nomi…
A me personalmente, che non piacciono in televisione, ma tantissimo a teatro, proprio da piangere dal ridere e commuovermi, sono Aldo, Giovanni e Giacomo. Loro a teatro sono eccezionali…
Li ho premiati. Io, per uno strano caso, sono il Presidente di Giuria del Festival Italiano del Cabaret, quello di Torino, che è due anni che non si fa perché il Patron, l’organizzatore, non riesce a trovare qualcosa di originale, carina e simpatica. Aldo, Giovanni e Giacomo li ho premiati alla prima o seconda edizione, erano proprio bravi.
Poi li ho anche sgridati.
Facevano una cosa su Antenna 3 e correvano dietro alla risata.
Li ho sgridati di brutto, siamo nel ’85/’86 a Forlì.
Avevo portato con me mia figlia che piangeva per la scuola e le ho detto: “Ma chi se ne frega della scuola! Andiamo, vieni con me a vedere com’è la vita!”
Si è emozionata! Sai…le mani fredde, sudate, gelate… perché c’erano Aldo, Giovanni e Giacomo, che mi si sono buttati addosso per salutarmi e per dirmi che erano lì anche loro.
In effetti c’erano due teatri a Forlì, io ero in quello della Prosa, col pieno, e loro in quello dei ragazzi, col pieno.
Quindi sono molto bravi e oltretutto sono anche interisti!
Tra i giovani comici c’è, secondo Lei, un ‘nuovo’ Enrico Beruschi?
Come si fa a dirlo!?
Non è una domanda a cui saprei rispondere…
Cosa vuol dire un nuovo Beruschi? Uno di buona volontà?
No… Ma le qualità si vedono dopo morto.
Adesso… buona volontà, che voglia fare bene le cose… Ce ne sono.
La Cattolica l’ha omaggiata con una targa ad un ‘Illustre non laureato dell’Ateneo’.
Come fai a saperlo?
(…io, ridendo…) …faccio l’intervista, non un’intervista! (il Sig. Beruschi sorride…)
Oltre alla soddisfazione personale, cos’ha provato?
Guarda, io avrei dovuto far ridere in quel momento e invece mi sono emozionato.
E’ già qualche anno che non vado.
Un giorno ero in Cattolica a parlare di teatro e, per caso, sono finito in un’aula in cui ai laureandi gli spiegavano delle cose i professori e del personale di grandi aziende.
Io parlo in una maniera un po’ diversa da loro, però poi, ‘sottobanco’, si congratulano. Tra i ragazzi, purtroppo, è una cosa abbastanza diffusa: dopo cinque anni, arrivano alla laurea e son dei ‘ciula’, perché non gli hanno spiegato com’è fatta la vita.
Ma io, lì, mi sono emozionato e sono felicissimo di avere questa targa, questa pergamena, e sono orgoglioso di essere un ‘Illustre non laureato’.
E’ colpa mia, lavoravo molto, in banca ero arrivato a non ricordo più se 80 0 100 ore di straordinario in un mese.
Poi ho cambiato azienda, quindi l’università si è persa.
Enrico Beruschi e Giovannino Guareschi.
Nel ’78, a ‘La Sberla’, porta ‘La Salsa’ (da un Bertoldo del ’40) modificata e adattata per il cabaret.
Cosa la lega a questo grande scrittore?
Ma sai proprio tutto, eh?
(…sorrido…)
Vedi, io ho imparato a leggere , da bambino, con Guareschi.
Adesso ho una nipotina, che è nata il 4 settembre, io il 5, quindi tutti i paragoni li possiamo fare, precisi, succedono le stesse cose.
Quando avevo la sua età c’erano i manifesti per il referendum, quello sulla monarchia. Io vedevo questi manifesti e volevo leggerli.
La mia nipotina uguale, non sta più nella pelle, dalla voglia di imparare anche lei a leggere.
Prima di andare a scuola, a casa mia, arrivava tutte le sere il ‘Corriere della Sera’ e poi, una o due volte alla settimana, arrivava ‘Il Candido’.
Quindi ecco che mi è congeniale, lo sento proprio dentro.
‘La Salsa’ l’ho trasformata, per il cabaret, per una scommessa che avevo con i colleghi.
Allora si cominciava a parlare di cabaret, parliamo del ’75/’76.
Io dicevo: “Ma ragazzi! Sapete che tanti anni fa, nel ’35/’40, dicevano delle cose divertenti che copiavano da noi?”
Così ho fatto questo pezzo, che ha riscosso successo in cabaret.
Poi l’ho fatto anche a La Sberla.
E continuo.
Sai che sono considerato uno specializzato nelle letture di Guareschi? E, ultimamente, non solo di Guareschi. Ho fatto un concerto in chiesa, di una giovane Orchestra, massimo 15 anni. Presentavo e ho fatto una lettura di Guareschi.
Facciamo anche dei concerti arpa e violino, io spiego i pezzi d’ Opera o di Teatro, o di cinema, quello che c’è, e poi racconto e leggo Guareschi.
L’ultima domanda la lascio a Lei: cosa si chiederebbe?
Uno può chiedere: “Ma cosa fai, visto che non ti si vede più in televisione!?
Io mi dedico molto alla lirica e a Guareschi.
Nella lirica passo dalla regia al fare delle opere in maniera semplice: piano, cantante ed io che spiego.