“Solo nel condividere con una realtà collettiva trovo la mia felicità”. Vorresti approfondire questo tuo pensiero ‘figo’?
In una società dominata dall’egoismo, dall’Ego che può diventare l’Io o semplicemente una sopravvivenza personale, si è arrivati a coltivare ognuno il proprio orticello, in cui devi difendere le tue informazioni e la tua conoscenza, perché se no te la portano via.
E’ un sistema che ha fallito, nel senso che qualunque struttura ‘a chiudersi’ è destinata ad implodere in un sistema che cambia.
La grande possibilità che abbiamo è di non mantenere più le nostre conoscenze come una ricchezza, ma come una scoperta da condividere con gli altri. E’ quello che si chiama ‘open source’, cioè di mettere in rete, che non è solamente quella virtuale del web, ma di relazioni umane, ovvero: io giro la mia conoscenza, quello che ho scoperto, e semplicemente lo condivido con te, in modo tale che tu puoi fare il tuo percorso con un po’ del mio bagaglio. La mia strada non cambia, non è che se tu sai le cose che so io, io non lavoro o non vivo. Semplicemente lo scambio con più persone, senza l’obbligo di un ‘dare e avere’, ma un ‘dare punto’. Perché qualcun altro ha bisogno.
Questo è secondo me un bel modo di aspettare il futuro: una condivisione, non una difesa o un diventare il più grande e il migliore sugli altri.
E’ nel 2004 quando, insieme a Rafael Didoni, fondi il gruppo comico Democomica.
Come nasce? Con quale intento?
E’ una domanda molto curiosa. Quest’anno facciamo i dieci anni ed è interessante in un lasso di tempo in cui puoi capire se il progetto iniziale ha avuto il suo sviluppo.
Nasce con l’esigenza di creare uno spazio per i comici, o i ‘simil tali’, dove poter sperimentare la propria ‘forma mentis comica’, in modo tale da verificare realmente se sono loro a far ridere, e non il mercato che chiede il personaggio o il monologo.
Avevamo bisogno di uno spazio in cui non c’era il vincolo della risata ogni trenta secondi, ma neanche il vincolo proprio della risata. Nell’intrattenimento, dove io mi esibisco e tu vieni a vedere lo spettacolo comico, se ti faccio solo ridere, in realtà non ti ho dato nulla.
Io, come artista, devo riuscire a sorprenderti.
L’altra cosa: uno spazio aperto; quindi un palco aperto e un microfono a disposizione dei musicisti, poeti e comici, non solo attraverso i tre minuti ai quali ognuno ha diritto per nascita, ma per avere un’opportunità.
Dopo dieci anni quel progetto, che inizialmente doveva essere l’alternativa alla comicità commerciale, in parte non siamo riusciti a difenderlo perché il mercato intorno è sparito. Tutto sommato non è neanche il nemico Zelig o la televisione, è il nemico quando tu ti formattizzi, ti omologhi a tutti gli altri e come concetto ‘vado verso una cosa che funziona’. Questo è il nemico.
La televisione è il contenitore. Il valore è il contenuto che ci porti dentro.
Da qui ai prossimi dieci anni non so cosa accadrà in Democomica.
Spero che mantenga questo pensiero originale.
Speaker ufficiale del Milan dal 2002.
Che importanza ha questo ruolo per te?
E’ uno di quei doni di quando, nella vita, sei al posto giusto, al momento giusto, con la cosa giusta. Io mi sono trovato a fare lo speaker del Milan nel momento in cui il Milan aveva l’esigenza di cambiare un certo tipo di approccio alla partita. Era diventato più esigente l’arrivo dello speaker enfatico, quello che aprisse l’evento come tale, un prologo teatrale, in realtà faccio questo. E’ diventato importante perché è il Milan. A Milano, un tempio che è San Siro, a prescindere di chi ama il calcio o meno, riesce ad attirare trentamila, cinquantamila, ottantamila persone, in un posto, settimanalmente, mensilmente. Questo è incredibile. Per me è affascinante perché vivo nel centro di un luogo, che è tra i ‘non-luoghi’ più importanti che abbiamo.
Sono diventato col tempo ‘la voce del Milan’, non Germano Lanzoni, questo è fantastico, perchè io separo, ‘swiccio’, esco da San Siro e torno Germano Lanzoni. A San Siro sono addirittura ‘Gegio’ che è il mio soprannome di quando facevo radio. E’ importante perché faccio parte di un sogno collettivo. Per assurdo, negli ultimi anni, è diventato riconoscibile quello che dice ‘Benvenuto nella casa del Milan’, e tutti quelli che vanno lì a vedere il Milan si legano alla mia voce. Quindi, nell’immaginario collettivo del calcio, è tanto. Il sogno del calcio collettivo è universale, e questa è la grande forza di avere il dono, di essere io, e negli ultimi 14 anni la mia voce accompagna San Siro. Tutto sommato non c’è un precedente. E’ tanta roba!
Sei un comunicatore contemporaneo dotato di una voce intensa. Attore, autore, DJ. Trasformi ciò che vivi in testi. Il tuo curriculum è da ‘paura’ Hai un sogno nel cassetto?
Si, assolutamente, anzi, credo che forse ho più sogni che cassetti.
La cosa che chiedo sempre a tutti i ragazzi che collaborano con me: ‘Qual è il tuo grande sogno?’
Secondo me non puoi non avere un grande sogno, e non è quello che realizzi, ma è quello che ti guida. Il grande sogno è tutto quello che riesco a vivere, a trasformare sempre attraverso l’emozione che val la pena di pagare un biglietto, che intorno a me ci sia una realtà fertile per quelli che hanno voglia di raccontarsi attraverso qualsiasi forma di arte, che ci sia una società meritocratica rispetto al talento. Ciò non toglie che vivo il presente, ma con la testa proiettata in un mondo che sarà. Intorno a me cerco di realizzare il grande sogno, che è un mondo migliore, un progetto collettivo più importante di un progetto individuale.
L’ultima domanda la lascio a te: che cosa ti chiederesti?
Mi chiederei… Sei una persona onesta artisticamente? Onesta nella vita lo lascio ai santi.
La difficoltà, anche delle cose che scopri, è di mettere in pratica giorno dopo giorno. Non è tanto raggiungere il nirvana. E’ concepire che quel luogo è anche il tuo luogo. E secondo me non è neanche tanto umano.
Ho incontrato sciamani e scrittori che mi hanno aiutato tantissimo ad aprire la mia mente, ma quando ero in sincronia con la loro mente, mi accorgevo che non era il mio tempo. Perché sono un uomo terrestre. E’ per questo che mi chiedo: ‘Sei onesto?’ e ti rispondo ‘Si’. Perché ho voglia ancora di mantenere una mia onestà artistica, data dal fatto che rispecchi il sogno, gli altri ecc, e con grande felicità ti dico di si. E cosa ti torna dal sogno? La vita.
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