I Nomadi sono il secondo gruppo più longevo del panorama musicale mondiale, secondo solo agli Stones.
Beppe Carletti è fondatore dei Nomadi e anche autore, insieme ad Andrea Morandi, del libro ‘IO VAGABONDO – 50 ANNI DI VITA CON I NOMADI’.
Come ci si sente a festeggiare i 50 anni dei Nomadi?
Guarda, è mezzo secolo, sai!? Ma è un mezzo secolo che è andato via tanto veloce che bisognerebbe viverlo almeno tre o quattro volte perché 50 anni non gli ho assaporati così bene. Purtroppo le cose brutte le ho sofferte, ma le cose belle sono volate via. E’ sempre così. I momenti belli durano poco, ma 50 anni è una soddisfazione incredibile, perché poi non l’avrei mai pensato, anche dopo la scomparsa di Augusto era inimmaginabile per chiunque che i Nomadi potessero andare avanti, nessuno avrebbe puntato su di noi, solo io ci ho puntato perché è la mia vita…
…e anche il Popolo Nomade…
…beh, è chiaro!
Il ‘Popolo’… mi sembra anche un po’ di disprezzarlo chiamandolo ‘il Popolo’, sono AMICI, perché sono veramente delle persone che formano una famiglia. Noi siamo una famiglia. Tu sei sul palco e tutti gli altri giù, ma non vuol mica dire sai, la differenza non si sente da giù a sopra il palco.
I Nomadi vengono da esperienze musicali lontane da quelle di adesso e riescono comunque ad essere attuali.
Com’è possibile?
Sono le canzoni, quello che rappresentiamo.
Quello che raccontiamo con le canzoni. Sono dei valori e delle situazioni che purtroppo sono ancora attuali adesso, noi continuiamo a cantare la gente, per certi versi, e raccontiamo i problemi che hanno le persone, ma con parole che possono arrivare al cuore di tutti senza bisogno di un vocabolario per capire quello che stiamo dicendo.
Dai ‘caffè-concerto’ delle balere ai concerti.
Un po’ come da ‘I Monelli’ ai ‘Nomadi’.
Cosa cambia mezzo secolo?
Dal ’63 a oggi cosa cambia?
Io per certi versi adesso ho molta più visibilità, ma per me è uguale a prima, sai!? Io cerco di portare avanti i Nomadi con i piedi per terra, come se fossimo in Balera negli anni ’60 a fare ballare la gente. Adesso la gente non balla, ci ascolta, ma dev’essere uguale, perché noi non possiamo cambiare, il nostro essere è questo.
Noi siamo gente molto semplice, veniamo tutti da paesi, tutti, e non per scelta, ma è una cosa ‘così’, senza volere, e quindi il fatto di stare su un palco, casomai con gente che ti canta le canzoni davanti, che ti applaude, siamo fortunati.
Rispetto tanti altri, la fortuna ci ha baciato e poi è chiaro che nessuno ti regala niente, quindi ti devi conquistare tutto, e ancora di più.
Francesco Guccini scrive ‘Nomadi’, una canzone per i vostri 50 anni.
Questo è proprio un bel regalo… quando potremo ascoltarla?
Questo non lo so ancora, vediamo un attimo. Aspettiamo una bella occasione, che non è male. Non si sa mai qual è il momento giusto.
Qual è la canzone dei Nomadi che veste meglio Beppe Carletti?
Sarebbe banale quasi dire ‘Io Vagabondo’ perché da circa vent’anni viaggio per il mondo, e allora potrei dirlo.
Ma guarda, credo che… non l’ho mai detto, però una canzone come ‘Crescerai e Imparerai’, e ho ancora tanto da imparare, mi piace perché è una canzone che abbiamo scritto io e Augusto, ma le amo tutte.
Però ‘Crescerai’ l’abbiamo fatta io e lui, quindi è qualcosina in più.
1963: Augusto Daolio
1993: Danilo Sacco
2012: Cristiano Turato
C’è qualcosa che lega le voci dei Nomadi?
No. Adesso c’è Cristiano Turato. Assolutamente no, ma è una cosa voluta che non assomigliasse a nessuno, per non creare confronti, e poi come tutte le cose, ti possa piacere o non piacere, però non puoi mica dire quello è più bravo e quello è meno bravo. Mi piace o non mi piace.
Vale per Danilo principalmente, Augusto purtroppo non c’è più, ma per chi ha preferito Cristiano, vale, è un rispetto per tutti.
Io amo rispettare le persone.
Dal 2011 i Nomadi scelgono di intraprendere il percorso discografico da indipendenti.
Perché questa scelta?
Dopo tanti anni così penso che una multinazionale ha poco da darti, ma non perché non te lo vuole dare, ma perché ha poco, è normale. Ormai le case discografiche stanno scomparendo, i dischi non si vendono più, è tutto online, YouTube, non so tutte queste sigle qua, e quindi che senso ha…
Mi spiace perché tanta gente è rimasta senza lavoro e questa è una cosa negativa.
Durante i vostri concerti ci sono degli ‘spazi dediche’ che regalano un po’ un’atmosfera delle radio private degli anni ’80/’90.
Qual è il rapporto Nomadi e Popolo Nomade?
Eh si…le abbiamo iniziate noi alla fine degli anni ’70.
E’ bellissimo, dai! Tu hai appena citato i messaggi che ci sono sul palco. Così è bellissimo perché riusciamo ad interagire col pubblico ed è bello perché anche loro si sentono sul palco con i loro messaggi e le loro dediche.
Noi lo facevamo già negli anni ’70, qualche d’uno rideva perché noi facevamo le dediche, poi le han fatte le radio e andava tutto bene.
Però i Nomadi le han sempre fatte.
Cesenatico: 14/15/16 Giugno 2013. I 50 anni dei Nomadi in tre serate con tre scalette differenti.
E’ una full-immersion di musica nomade?
Considera che facciamo esibire anche 47 cover band, fai un po’ te!
Alla fine penso che per chi viene lì è un overdose di Nomadi.
E’ bello perché si ricordano i Nomadi, e quindi penso che sia una cosa bella.
Il 16 giugno a Cesenatico sarà vostro ospite Alberto Bertoli, che presenterà il suo ultimo lavoro prodotto dai Nomadi.
Cosa ci racconta di questa collaborazione?
Prodotto da me e da Massimo Vecchi.
Alberto è un bravissimo ragazzo, mi è piaciuto molto, a me e a Massimo, e abbiamo deciso di produrgli un disco.
Poi vediamo quello che riusciremo a fare.
Però, insomma, ci crediamo.
L’ultima domanda la lascio a Lei: cosa si chiederebbe?
Io a Beppe Carletti non posso chiedere di più di quello che ha fatto fino adesso perché ho dedicato il 100% a me stesso e alla mia vita che è la musica.
Quindi non chiederei niente, gli direi ‘Grazie’. Non che sono megalomane, ma gli direi “GRAZIE BEPPE!”