Una laurea in giurisprudenza e la carriera inizia come giurista d’impresa, calzando poi diversi ruoli fino ad arrivare a quello di direttore di Leroy Merlin. Chi è Leonardo Di Donna?
Sono un padre di famiglia e sono una persona che prova un piacere immenso nel fare quello che fa, stando a contatto con 140 colleghi e con migliaia di clienti che ci danno sempre tantissimi stimoli per poter ascoltare e, sulla base di quello che sentiamo, poter cercare di far si che tutti quanti stiano bene. I nostri clienti nelle loro case, che vogliono creare con tutti i nostri articoli, e tutti i nostri colleghi che, passando parecchie ore qua, vivono questa come una loro casa un pochettino speciale, dove ci sono dei doveri e dei diritti e dove davvero ognuno cerca di potersi esprimere al meglio. Quindi io nel mio ruolo cerco di creare tutte le condizioni possibili affinché sia i nostri clienti, sia tutti i miei colleghi, possano fare con il massimo piacere e anche con il massimo impegno questo, che è un po’ la nostra missione.
Anno 2001: parte da Bari la sua collaborazione con Leroy Merlin. Successivamente si trasferisce a Roma, e poi a Moncalieri. Crescono le sue responsabilità e da allievo capo settore ricopre il ruolo di store manager, che la fa approdare, a luglio 2012, a Solbiate Arno. E’ stato solo uno sviluppo della sua carriera professionale?
Diciamo un percorso e un’ ulteriore tappa.
L’esperienza vissuta a Moncalieri negli ultimi 7 anni è stata impegnativa e interessante perché comunque ho iniziato come direttore nel 2006. Io dico che i primi 3 anni sono stato l’allievo del direttore perché ho fatto tanti errori, ma ho imparato tante cose che mi sono state poi utili per poter mettere tutta la mia esperienza al servizio degli altri. A Moncalieri abbiamo fatto un ampliamento importante del punto vendita e quindi penso che, avendo avuto un’esperienza del genere e dovendo ricreare delle condizioni piuttosto simili se non di maggiore sviluppo, abbiano scelto me e mi abbiano chiesto di venire a Solbiate Arno per questa esperienza. Sicuramente la cosa più importante a Moncalieri è stata che il remodeling e l’ampliamento del negozio che non sono stati vissuti solamente dal direttore e dai capi settore, ma è stato davvero il frutto di una co-costruzione di tutti quanti i colleghi, dove ognuno ha voluto lasciare il proprio segno nel negozio nuovo dopo aver accudito, costruito e sviluppato il negozio vecchio. Sono assolutamente felice, è stata una sorpresa perché pensavo di restare a Torino, e spostarsi con tutta la famiglia per l’ennesima volta non è stato sicuramente semplice. Ho chiesto e ho condiviso con loro questa scelta perché ovviamente loro mi seguono sempre, però devono esserne convinti. Ne abbiamo discusso un giorno e abbiamo deciso tutti quanti assieme e, soprattutto le mie figlie, mi hanno dato il permesso di poter venire in questo negozio. Siamo tutti assolutamente contenti oggi.
Quanti anni hanno le sue figlie?
La grande 15 e la piccola 9. E’ stata una decisione a 360 gradi su tutti i pro e su tutti quanti i contro. La cosa più bella che mi hanno detto, dove ancor oggi quando ci penso mi emoziono, è “sappiamo che se non sei felice, se non sei sereno al lavoro poi non lo sei neanche a casa. Ok andiamo così sarai assolutamente contento di quello che fai e noi ripartiremo da zero”. Soprattutto la grande ha vissuto in maniera un pochettino diversa questo momento. Una mattina mi ha mandato un messaggio stupendo dopo che io la ringraziavo per aver preso questa scelta e mi ha scritto: “Tu affronterai una nuova sfida nel lavoro, io affronterò una nuova sfida nella mia vita ripartendo da zero dovendo cercare amici nuovi, ma ci sono abituata.”. Questo mi riempie ancora di orgoglio e mi emoziona ancor oggi. E’ impressionante la forza che può venire dietro certi sentimenti, a certe azioni, e non è assolutamente facile.
Cosa ha lasciato nelle varie sedi di Leroy Merlin? E cosa invece ha portato con sé?
Quello che ho lasciato a Bari penso sia uno spirito di collaborazione importante, quindi veramente la volontà e la convinzione che quando le cose si fanno assieme, con uno spirito di squadra, il successo è assicurato. Lavorare assieme, non per se stessi, non per l’azienda, ma per un gruppo, perché è un lavoro talmente intenso e talmente complesso, questo in particolare, e molto diverso da tanti altri lavori perché oggi ogni persona è responsabile di alcune famiglie merceologiche. Quindi, io mi occupo di box doccia e sono assolutamente libero di poter scegliere i prodotti all’interno della gamma che viene offerta dalla sede e quali articoli esporre. Sono assolutamente libero di poter ordinare il giusto stock, di poter incontrare i fornitori per poter vedere delle novità che sono presenti sul mercato e portarle all’interno del nostro punto vendita. Spazio a 360 gradi nella mia missione, e quindi questo è un senso di responsabilità altissimo, ma anche un senso di autonomia piuttosto alto. Senso di responsabilità e di autonomia sono due facce di una stessa medaglia, una viene dopo rispetto ad un’altra: quando dimostro di essere responsabile allora posso essere anche autonomo. Alcune volte queste due cose si confondono, e quindi bisogna lavorare per degli obbiettivi comuni perché il mio successo è il successo del mio collega e degli altri, che poi diventa la soddisfazione del cliente quando trova il prodotto giusto, quando gli viene spiegato tutto quello che può fare con questo articolo. Questo spirito di gruppo e questa voglia di combattere assieme per un obbiettivo comune, penso che è quello che ho lasciato perché, sinceramente, non sono capace di lavorare solo.
Che cosa mi sono portato dietro? Un pezzo di storia. Io sono convinto che ogni persona abbia almeno, al minimo, una qualità; sta a noi farla venire fuori perché spesso le qualità sono nascoste dentro di noi, e il contesto, i colleghi, la famiglia e quello che ci sta attorno, a volte, non ci consente di poterci esprimere al meglio. Io vado un po’ alla ricerca delle qualità degli altri e una volta che le trovo, non dico che me ne approprio, ma le studio perché penso che mi possano essere utili. Quindi, veramente, ho il ricordo di tantissime persone e delle loro qualità che oggi mi sono utili: da una parte per poter cercare di fare meglio, dall’altra per poter cercare di stimolare gli altri, quando vado in un posto nuovo, ad andare alla ricerca delle proprie qualità e delle proprie passioni. Mi porto questo dietro.
Chi c’è ‘sopra’ Leonardo Di Donna? Quali sono le richieste? Chi c’è ‘sotto’ Leonardo Di Donna? Quali sono le esigenze?
Sopra di me c’è un’azienda, c’è un capo con il quale abbiamo un rapporto assolutamente aperto di massima trasparenza e soprattutto fiducia. Il mio capo e la mia azienda mi chiedono le stesse cose che io chiedo a tutti gli altri: di partire da quelle che sono le esigenze del cliente e dalla valorizzazione del singolo per creare la ricchezza del gruppo.
Una volta stavamo costruendo il negozio di Laurentina, il secondo negozio su Roma, ero capo settore sanitari e piastrelle ed era il primo giorno di riunione dove c’era il Comitato di Direzione del negozio. Eravamo in undici, io conoscevo altri due colleghi con i quali avevamo già affrontato un percorso assieme, e c’erano otto persone nuove. Abbiamo passato un giorno intero a raccontarci la nostra vita, passioni, quello che ci piace fare, quello che avremmo voluto fare. Ricordo che nel giro di tavolo finale dissi:”Io non ho capito se è questa azienda che sceglie determinate persone o se sono certe persone che scelgono questa azienda perché respirano e sentono che ci sono determinati valori, convinzioni, punti forti che attirano certe persone che sono fatte in un certo modo. Più o meno siamo tutti quanti con un certo imprinting e a me vengono chieste le stesse cose che io chiedo a tutti gli altri con esigenza molto alta, ma con una fiducia altrettanto elevata.
Chi c’è dietro la figura del direttore Leonardo Di Donna?
Nel percorso di formazione per ogni neo-assunto si studia la storia di questa azienda. All’inizio uno dice ‘si va be’, ma oramai sono passati tanti di quegli anni, a che cosa mi serve comprendere il perché di che cosa accadde…’. Quando poi si entra con maggiore profondità nella conoscenza della storia, ci sono alcuni episodi che sono fondamentali per poter veramente iniziare a capire e a comprendere questa azienda. Le faccio alcuni esempi: già alla fine degli anni trenta i coniugi Merlin avevano deciso di comprare un pullman che per un raggio di 100 Km doveva andare a prendere i clienti. Sono cose che fanno alcune aziende oggi, e se pensiamo a questa cosa cento anni fa, veramente c’è lo spirito di come questa azienda ha sempre cercato di mettere il cliente al primo posto, ma non solo con le parole, ma anche con i gesti molto concreti. Ci sono altri esempi: la garanzia post vendita, così come le cose molto più di opportunismo, tipo il codice EAN, ed stata una delle prime aziende in Europa a introdurlo. E ci sono esempi molto più recenti, le cito gli ultimi due: in Francia è stata introdotta la legge sulle 35 ore settimanali per i lavoratori e quindi l’azienda ha detto a tutti quanti: “Signori lavoreremo di meno, quali sono le cose oggi che possiamo fare meglio e in maniera diversa, che ci potranno fare risparmiare del tempo da dedicare al cliente?” Ed è stato creato un nuovo sistema di approvvigionamento della merce. Dove prima si segnava tutto quanto a mano, è stato creato un software che è un sistema semi automatico di riordino della merce. Così come il processo Vision è chiedere a tutti i propri collaboratori: “Come volete il vostro negozio tra 10 anni?” Noi, dopo averlo scritto siamo chiamati a costruire il nostro negozio, quindi con l’attenzione sempre verso il cliente ed il collaboratore; ed è scritto nel triangolo del Progetto d’Impresa, dove su ogni singola parola si possono raccontare delle storie.
Quindi conoscere la storia dell’azienda per poter sapere dove vogliamo andare, dobbiamo capire da dove siamo partiti, la storia di ognuno di noi è importante. Comprendere e conoscere la storia dell’azienda, quando abbiamo dei dubbi, ci aiuta sempre nel capire se stiamo percorrendo la strada giusta oppure no, quindi a volte per poter guardare meglio il futuro, bisogna un attimo dare una sbirciatina nel passato e si trovano subito le risposte ai dubbi che ci assalgono.
Il primo punto vendita di Leroy Merlin, in Italia, viene aperto nel 1996 proprio a Solbiate Arno. Rispetto alla collaborazione che ha avuto nelle altre succursali, essere il direttore di questo negozio la rende orgoglioso?
Ha usato l’aggettivo assolutamente corretto. Quando sono arrivato a Solbiate Arno la prima cosa che mi ha colpito è stata l’orgoglio di tutti i collaboratori di sentirsi parte di un negozio che ha fatto la storia dell’azienda, perché un’azienda che fa commercio e che vende prodotti per il bricolage e per la decorazione della casa è un’azienda che vive di punti vendita. Aprire il primo punto vendita è la storia e questo si respira a Solbiate e quindi per questo ho l’orgoglio, perché me lo hanno trasmesso tutti quanti nel primo momento in cui ho messo piede qua e non potrebbe essere altrimenti.
Con altrettanto orgoglio, impegno e senso di responsabilità andremo a creare il nuovo punto vendita e abbiamo un obbiettivo importante: aprire il 7 ottobre del 2014, esattamente 18 anni dopo. Abbiamo fatto crescere il bambino, è diventato maggiorenne e quindi verrà veramente a proiettarci nel futuro in una data simbolo per tutti noi e per l’azienda stessa.
Leroy Merlin ha l’obbiettivo di soddisfare il più possibile le esigenze e le aspettative dei clienti. Lo ha fatto con un vero e proprio tour d’ascolto: un progetto che è stato di forte miglioramento nel punto vendita di Moncalieri. A Solbiate Arno invece?
A Solbiate Arno questo ascolto nei confronti del cliente è permanente. La nostra capacità di traduzione dei suggerimenti in azioni che aumentano le soddisfazioni del cliente non è così proporzionale alla nostra capacità di ascolto, per svariati motivi. Mi ritengo una persona trasparente quindi dobbiamo ammettere che abbiamo ancora tantissime cose da dover fare. Nel corso di questi anni, sulla base dell’esperienza, mi son reso conto che non è tanto grave non saper fare qualcosa, ma è dichiarare di voler fare qualcosa e poi non farla, questo su tutti quanti i livelli, quindi le promesse che vengono fatte si devono mantenere. Oggi noi, a volte, promettiamo delle cose che non siamo in grado di poter mantenere e quindi è fondamentale concentrarsi su alcune priorità. Non potremo mai fare tutto ed essere impeccabili su tutto, quindi l’ascolto dei nostri clienti ci consente proprio di percepire quelle che sono le cose più importanti per loro. Quello che ci dicono i clienti e i collaboratori ci fa creare una selezione, ci fa dare una priorità e ci consente di essere più efficaci al fine di focalizzarci sulle cose che sono davvero importanti per loro, quando invece noi pensiamo siano alcune cose e poi ci chiedono tutt’altro.
Una sala pausa, una sala relax e una sala giochi. Leroy Merlin ci tiene particolarmente al benessere dei propri collaboratori?
Si ci tiene, ma queste sono cose che vengono un po’ fuori da quello che le ho detto adesso e sono cose che hanno chiesto i ragazzi. Quando sono arrivato qua, a luglio, mi è stato detto: “noi abbiamo chiesto la sala pausa a gennaio dell’anno scorso, è passato un anno e mezzo”. Avevamo detto che dovevamo farla, perché non è stata fatta? Questo è un esempio lampante. Se io chiedo alle mie figlie di scegliere un regalo per il compleanno, devo accettare la massima espressione da parte loro. Se noi chiediamo: “Cosa volete per i vostri uffici, per passare meglio l’ora o le due ore di pausa?” noi abbiamo l’obbligo se non il dovere di mantenere gli impegni presi, quindi è stato fatto perché lo abbiamo chiesto e perché c’è stato chiesto. Se io dovessi mettermi nei panni dei miei colleghi e dei miei collaboratori, mi piacerebbe passare l’ora di pausa, se non mangio al di fuori e se non vado a casa, in un ambiente il più sereno e il più accogliente possibile.
Quindi semplicemente mettendosi nei panni altrui, abbiamo deciso di dare input, di dare un forte impulso a quello che avevamo detto, che doveva essere fatto e che noi abbiamo fatto.
A quale tipo di rapporto punta coi dipendenti? Quale ha in realtà?
Il mio rapporto è di collaborazione stretta, di ascolto, di conoscenza e di valorizzazione delle qualità. Oggi il più grande rammarico che ho, che ho davvero, è che i tanti impegni e le numerose riunioni mi portano al di fuori di questo punto vendita, quindi non mi posso godere tanto il negozio. Questo mi porta a dover sviluppare un rapporto di un’efficacia massima, sia con i miei collaboratori più stretti come i capi settore, sia con il negozio. Quando si ha poco tempo si cerca di non disperdere le energie e quindi si crea un rapporto che è a volte rapido, ma molto diretto, molto costruttivo, di massima trasparenza e di massima concentrazione su quelli che sono gli obbiettivi del negozio.
Come deve essere il dipendente quasi perfetto di Leroy Merlin?
Si deve sentire imprenditore della sua azienda, anche perché lo è in un certo senso. Ci sono delle forme di retribuzione che vanno a premiare i risultati del negozio, i risultati dell’azienda a livello Italia e i risultati del Groupe Adeo a livello mondo. Il 99% dei collaboratori dell’azienda e il 100% dei collaboratori di questo negozio sono azionisti. C’è un sistema di partecipazione ai risultati e di azionariato dell’azienda, che ci porta a dover essere imprenditori, quindi a vivere come se fosse la nostra azienda. Il dipendente perfetto è un imprenditore di se stesso e della sua azienda. Una somma di imprenditori perfetti fanno impresa perfetta.
Leroy Merlin e l’ambiente: è il gennaio 2011 quando vengono coinvolti i fornitori in un percorso di miglioramento continuo delle performance ambientali per trovare il miglior equilibrio tra aspetti ecologici e redditività. Oggi cosa succede? Cos’è cambiato?
Dobbiamo trovare un equilibrio nelle nostre azioni e nelle nostre scelte, che consente di preservare al meglio possibile il nostro ambiente. Penso che oggi sia un obbligo e un dovere che noi abbiamo nei confronti dei nostri figli e dei nostri nipoti. Si è passati dalla moda a una questione di volere bene alle generazioni future, altrimenti un mondo non ci sarà più. Ci sono delle persone che sono molto più green rispetto ad altre. Nel negozio è stato creato un ‘green groupe’, su base volontaria, dove ci sono persone che periodicamente si riuniscono e che creano degli eventi o delle azioni, sia in permanenza, sia in edizione straordinaria, diciamo di sensibilizzazione, ma soprattutto di concretizzazione. Posso fare degli esempi: siamo andati a dipingere, fornendo il materiale insieme all’aiuto di alcuni fornitori, una scuola materna di un paese vicino, che aveva bisogno di questi lavori. Quali sono stati i vantaggi? Fare del bene al territorio e alla comunità, soprattutto a dei bambini che hanno una scuola molto più vivibile rispetto a prima e provare che cosa vuol dire dipingere un palazzone esterno. Quando dei nostri clienti verranno per acquistare questa tipologia di articoli e chiederanno consigli su che cosa bisogna fare per poter dipingere una facciata esterna, molte persone saranno in grado di poter dare i consigli giusti perché l’hanno sperimentato. Quindi è un circolo virtuoso che si innesca, facciamo del bene al territorio, facciamo del bene all’azienda, facciamo del bene a noi stessi aumentando le nostre competenze nel nostro mestiere. Questo è un esempio, ce ne sono tanti altri, anche eventi a livello nazionale che vengono organizzati; però tutto parte dalla volontà e dalla passione del singolo che è contagiosa nei confronti degli altri, perché nessuno di noi ha le stesse qualità, gli stessi punti forti, la stessa sensibilità, ma se mi accosto ad una persona che è molto sensibile, posso imparare.
La crisi ha colpito anche voi? Avete attuato qualche strategia in merito?
In un certo si, ma una vera e propria crisi no. Oggi il mercato è completamente cambiato, anche l’arrivo di altri competitor sul mercato nazionale, tipo i nostri cugini Bricoman, e le qualità degli specialisti di tutti i rivenditori della zona, ci hanno messi di fronte ad un vento di cambiamento che dovevamo assolutamente prendere. La nostra strategia è stata molto semplice, ed è stata quella di adeguare i nostri prezzi ai prezzi del mercato, cosa che non avevamo fatto per tantissimo tempo. Quindi oggi ci sono delle intere famiglie merceologiche che hanno gli stessi prezzi identici a quelli che fanno gli specialisti o che fanno i grossisti. Abbiamo semplicemente reso molto più abbordabile la nostra offerta nei confronti dei clienti, iniziando ed aggiungendo dei servizi che prima non c’erano e che da una parte possano soddisfare sia il cliente bricoler che fa tutto da sé, sia invece il cliente che vuole il pacchetto chiavi in mano con sopralluogo, con consegna della merce e con la posa. Siamo in grado di soddisfare esigenze di clienti diversi.
Nel vostro punto vendita qual è il settore di maggior forza? E qual è quello su cui puntate di più?
Oggi i settori di maggior forza sono assolutamente quelli dei sanitari e piastrelle. Quelli su cui punteremo di più saranno sicuramente illuminazione, tutta la parte di cantieristica elettrica ed idraulica, tutta la parte dell’allestimento giardino e tutta la parte riguardante porte finestre e scale. Queste saranno sicuramente le famiglie prioritarie per i prossimi anni.
Chi è il cliente quasi perfetto di Leroy Merlin?
Il cliente che ci dice quello che pensa, quello che lo ha soddisfatto e quello che invece non lo ha soddisfatto per niente; perché in questo modo ci permette di poter comprendere i nostri errori per cercare di porre rimedio. Il cliente che parla, anche il cliente che si lamenta. Il cliente che è silenzioso non ci aiuta a crescere.
Quali sono i progetti di Leroy Merlin?
Il progetto Vision di cui faccio una brevissima sintesi.
Tutto il negozio è chiamato a dire come immagina il negozio nel 2021 e a costruirlo.
C’è qualcosa che cambierebbe della sua carriera?
All’interno di Leroy Merlin o anche cambiando carriera?
Anche cambiando carriera…
Penso poco, anche perché sono fatalista e quindi penso che tutte le cose vengano al momento giusto, non cambierei niente. Per il resto ho tante passioni tra cui il cinema, lo sport.
Diciamo che lavoro tanto però sono felice di lavorare tanto, se volessi lavorare meno potrei, è una mia scelta, nessuno mi obbliga a farlo, quindi vuol dire che mi va bene così.
Avrei dovuto cambiare mestiere, penso, per poter lavorare meno.
Con l’idea di dover cambiare mestiere, che cosa avrebbe fatto?
Il critico di cinema.
L’ultima domanda la lascio a lei: che cosa si chiederebbe?
Me ne faccio due, una sul lavoro e una sulla famiglia.
Partiamo dalla famiglia… spero che tutti gli spostamenti che ho fatto fare alle mie figlie non vadano a penalizzarle nella loro serenità, però questa è una domanda che mi pongo perché penso che si vedrà in futuro.
Sul lavoro… non so se sono domande che mi faccio o sono più timori, piuttosto è un invito a me stesso e a tutti: le persone si devono sentire libere di potersi esprimere senza dover avere il timore delle conseguenze, perché penso che sia il primo passo per una collaborazione, un accrescimento e per andare ad una risoluzione di quelli che possono essere visti come dei problemi o come dei conflitti. Le persone che non si esprimono, o chi non crea le condizioni per poter garantire una libertà di espressione delle persone, è una cosa che mi fa un pochettino paura, quindi spero e cerco sempre di essere su questa lunghezza d’onda.