35 anni di carriera, 5 album che portano il suo nome, oltre 70 CD nei quali c’è la sua collaborazione. Rosario Bonaccorso, grande riferimento del jazz italiano all’estero.
Rosario Bonaccorso: contrabbassista, compositore e band leader, di origini siciliane, trasferitosi a soli 3 anni in Liguria, è un punto di riferimento per quanto riguarda il Jazz italiano all’estero. A 16 anni inizia a suonare il basso elettrico e il passaggio al contrabbasso è pressoché immediato. La sua pienezza musicale, assieme all’inclinazione, lo porta a trovare uno stile personale. Come nasce questo nuovo modus artistico?
Appartengo alla generazione di coloro che il jazz lo hanno conosciuto e amato grazie ai dischi 33 giri, che fra l’altro quando ero un ragazzino costavano anche parecchio, in famiglia nessuno ascoltava jazz e li dovevo comprare io, per cui l’acquisto di ogni disco era una vera e sudata conquista. Ricordo con emozione una magica notte in cui ho scoperto la musica jazz ed in particolare ricordo l’esatto momento in cui, improvvisamente, in tutto il mio corpo abituato ad ascoltare Rock Progressive è entrata con eleganza la musica di Miles Davis, il Jazz del disco My Funny Valentine! Sono rimasto senza fiato, quel suono di Miles che sembrava arrivare da un altro pianeta, le note profonde di Ron Carter, la creatività ritmica di Tony Williams, i suoni degli accordi di Herbie Hancock e le architetture di George Coleman, insomma quella notte ho scoperto la bellezza, da allora non ho mai smesso di amare il Jazz. Il linguaggio del jazz l’ho imparato sul campo e con la pratica, non nelle scuole. Negli anni ’70 credo non ce ne fossero in Italia, ma si imparava condividendo ed ascoltando centinaia di dischi e di concerti. Ricordo che dal vivo tutti i sensi erano sempre in allerta perché si doveva ‘rubare’ all’ascolto il più possibile, perché avere un registratore portatile era un lusso di pochissimi.
Scegliere e soprattutto diventare musicista di jazz non è stato un percorso facile, ma per fortuna, quando è la musica che ti chiama, cominci con entusiasmo ad affrontare le difficoltà e l’amore per questa musica è più forte di tutti gli ostacoli. Ritengo che il personale modus artistico di ogni artista sia il frutto di un mare di esperienze che viviamo, sommate al naturale talento e predisposizione che la natura ci dona! Del resto diventiamo solo quel che abbiamo ascoltato, amato, vissuto, gioito, sofferto e anche mangiato, viaggiato e soprattutto sognato con forza.
Poi, finalmente arriva un giorno speciale, forse già segnato nel tuo libro del destino, in cui tutte queste esperienze si trasformano in una forza unica e senti di diventare te stesso, allora scopri il tuo suono, dove stai andando e il tuo modus artistico comincia a prendere forma. Da quel momento scopri un ruolo nella musica.Oltre alla collaborazione nell’album, Dino Rubino (flicorno), Enrico Zanisi (pianoforte) e Alessandro Paternesi (batteria) ti accompagneranno anche in tournée. Ci presenti i tuoi musicisti?
E’ scontato portare in tour ‘A Beautiful Story’ con gli stessi artisti con i quali ho registrato il cd, questo per me è un assoluto marchio di riconoscibilità, coerenza e soprattutto di fedeltà al mio messaggio musicale, ho sempre pensato così, prima per me stesso e poi per il mio pubblico. Sono contrario a certe operazioni, a volte solo di marketing, dove si invita un artista di grande nome internazionale per incidere il cd, ma poi nel tour quell’artista non lo rivedrai più sul palcoscenico.
Dino, Enrico ed Alessandro sono tre artisti di grande talento e come certe cose belle che accadono nella vita, incontrarci è stato inevitabile. Per poter creare un interessante suono di insieme, un band- leader deve aver la capacità di immaginarsi il suono che vuole e far incontrare sul palco artisti di grande empatia, così è stato con loro. Le nostre strade si sono unite nel momento ideale e sono felice che il mio intuito abbia di nuovo visto giusto.
Così è accaduto anche per le altre mie formazioni, ho un debole per le grandi empatie umane e musicali, quindi per me è una priorità cercarle e mi faccio guidare dal mio sesto senso. Il gruppo ‘Viaggiando’ con Roberto Taufic, con Fabrizio Bosso e Javier Girotto, o il ‘Travel Notes Quartet’ con Andrea Pozza, Nicola Angelucci e Bosso, oppure FlavioBoltro, sono gruppi attivi grazie al fatto che sono combinazioni umane ben funzionanti e hanno direzioni musicali diverse tra di loro.
Con i miei nuovi tre amici di ‘A Beautiful Story’ abbiamo creato un rapporto bellissimo.
In comune non abbiamo l’età, perché sono in media trenta anni più giovani di me, ma per il resto è tutta una meraviglia, condividiamo l’amore per la musica, l’umore per la vita, la voglia di viaggiare. Suoniamo con un piacere intenso, con spirito profondo e allo stesso tempo leggero, cerchiamo la bellezza senza mostrare ego o virtuosismi, in poche parole cerchiamo di fare musica pura.
Con Dino ci conosciamo da molti anni. Erano i primissimi anni ’90, quando lo incontrai per la prima volta ero in tour con Giulio Capiozzo e non ricordo bene se c’era Charles Tolliver o Jimmy Owens alla tromba. Abbiamo suonato nel Jazz Club di Biancavilla, cittadina vicino Catania, dove Dino abitava. Era un bimbo molto musicale che osservava il concerto con i suoi grandi occhi attenti. In seguito si era fatto notare per le sue qualità e indirettamente ne ho seguito il suo percorso. A distanza di tanti anni ci siamo di nuovo incontrati, ma stavolta era un adulto e musicista fatto, siamo stati colleghi nel quartetto tutto siciliano di Francesco Cafiso, con Giovanni Mazzarino. Dino, che nel frattempo era diventato polistrumentista (pianista e trombettista), in questo gruppo suonava la tromba. Adoro come suona entrambi gli strumenti, ma lo stesso Dino mi confidava che con la tromba, nonostante tutti affermino che la suona come pochi in Europa, ha un rapporto emotivo molto complicato, diciamo di amore e odio. Questa affermazione mi ha affascinato, perché mi ricorda lo stesso rapporto che ho con la mia ‘contrabbassa’, esattamente odio e amore. Nel modus musicale di Dino il suo approccio con lo strumento rende il suono del flicorno ricco di umanità, di sofferenza e di magnifiche sfumature. Sono contento di averlo convinto a suonare il flicorno nel mio quartetto, cosa che fra l’altro è una prima assoluta, perché nei cd dove Dino suona la tromba non è mai stato l’unico fiato solista, perché è sempre in compagnia di un sax. Per chiudere, il suono con cui interpreta il mio pensiero melodico è quello che vorrei avere io se suonassi il flicorno.
La prima volta che ascoltai Enrico Zanisi fu nel 2010. Mi trovavo in Sicilia per tenere una master class al fianco del grande Steve Swallow. Enrico aveva solo 20 anni, ma suonava già con un tocco maturo e una creatività dirompente, ne rimasi subito colpito e ricordo che con Steve, ascoltando Enrico, ci guardammo con stupore entrambi colpiti da quel giovane talento musicale. Tre anni dopo lo invitai a suonare col suo trio al Percfest di Laigueglia, il Jazz Festival che organizzo da 22 anni. Anche in questa occasione mi colpì la sua crescita e la maturità musicale, così pensai che prima o poi lo avrei voluto per suonare nel mio gruppo, per suonare la mia musica. Quella sera alla batteria ascoltai anche il giovane Alessandro Paternesi, che ho avuto modo di incontrare altre volte, anche questo incontro fu decisivo per le mie scelte future. Di Alessandro mi piace quel modo di suonare profondo, ma anche estroverso in cui puoi ascoltare tutta la sua gioia di vivere. É sé stesso, nella musica, come nella vita, ha un suono raffinato e sa essere energetico e contagioso nel groove. Quando ho deciso di registrare ‘A Beautiful Story’ non ho avuto dubbi su chi avere al mio fianco, pensando a Dino, Enrico ed Alessandro, dentro di me sentivo già il suono del mio nuovo disco.
Mi piace immaginare ‘A Beautiful Story’ come un grande contenitore dove le emozioni più svariate librano, spaziano, si incontrano e si confrontano con situazioni e storie intimiste. Per riflettere. E sorprendere. Qual è il filo conduttore dei brani?
C’è un filo conduttore che unisce i brani, ed è una frase che ho scritto all’interno del cd: “Vivere un sogno che diventa realtà è una Bella Storia” è una… Beautiful Story. Giunto alla soglia dei miei ‘primi’ sessant’anni, ho immaginato di ripercorrere parte della mia vita attraverso dodici immagini in musica e così ho scritto i brani ispirandomi ad alcuni sogni che nel corso della mia vita sono riuscito a trasformare in realtà. Ogni brano ha quindi un riferimento collegato a questo tema, per esempio: la vita che passa ‘come l’acqua tra le dita’ lasciando però nelle mani solo quel che conta, l’amore e la musica, oppure un metaforico sogno in cui seguivo una bellissima balena nel suo viaggio marino e ancora un brano dedicato all’amicizia sincera, quella che include la rabbia ed anche il litigio, perché una bella amicizia non è mai ipocrita. Il primo brano ‘A Beautiful Story’ è anche il ripetersi quotidiano e apparentemente sempre uguale della vita, ma in cui, senza saperlo, stiamo cercando un senso e la sua bellezza, o ancora la dedica ad un amato poeta a cui devo tanto, Pablo Neruda e il suo bellissimo libro ‘Confesso che ho vissuto’. Il giorno in cui ho comprato questo libro, lo stesso mi ha salvato la vita, è una storia che amo raccontare durante i miei concerti, quindi se venite al nostro prossimo concerto ve la raccorto con parole e musica.Negli anni e nella tua carriera hai raccolto i ricordi del ‘viaggio’, da quello che può rappresentare una partenza, un vissuto, una ricerca introspettiva, nel mondo e nei luoghi. Come un puzzle. Ora, con ‘A Beautiful Story’, ti sei concentrato prevalentemente e forse completamente sulle emozioni. É banale dire che il ‘viaggio’ sia ‘vita’ perché è palese. Quindi è indelebile la voglia di vivere ogni situazione, dal palpabile a quello che si può e riesce a respirare, le fissi così nei ricordi, per tenere sempre vivi i momenti. Ma dove, e quando, ti fermi alla riflessione del momento che da futuro è già passato? Cosa scaturisce in te? Riesci a far coincidere tutti i pezzi del ‘puzzle’, oppure ce n’è sempre uno mancante?
Non so da dove e come scaturisce questa riflessione, ma so che quando suoniamo mettiamo in ogni nota insieme passato, presente e futuro. Ogni volta che noi jazzisti suoniamo un brano, anche se manteniamo la sua iniziale riconoscibilità melodica, lo trasformiamo sempre e lo rinnoviamo, rinnovandoci nello stesso tempo. L’approccio al brano e le emozioni sono sempre diverse e non sapere cosa succederà nei prossimi minuti, in studio di registrazione o durante il concerto, crea un’attesa eccitante. Sai, questo fa parte della bellezza della musica jazz.
Credo che noi componiamo e suoniamo musica per mantenere vivo quel magico momento della creazione del brano e allo stesso tempo per sfidare ogni volta noi stessi, sorprendendoci per ogni metamorfosi della composizione, in questo mix tra passato, presente e futuro.
É bellissimo il fatto che nessuno riuscirà mai a spiegare o risolvere questo puzzle che si crea nell’attimo in cui vivi il momento futuro che diventa presente e passato. Neanche vicini alla parola ‘morte’, neanche in quel momento prima si riesce a risolvere il puzzle della vita, e ti dico tutta la verità, per me è importante non avere la risposta a questo quesito.
Con la musica che scrivo fisso nella mia storia momenti di vita che sono solo e privatamente miei, ma come vuole e come insegna l’arte, con i miei compagni li offriamo e condividiamo, puri ed incontaminati, a tutti coloro che vengono ad ascoltarci.
Una volta Ray Brown mi disse che dovremmo suonare ogni nota “come se fosse l’ultima che devi suonare” e in quella nota devi mettere tutto il tuo amore per cercare l’attimo di verità. Quanto è vero! Mi viene in mente una esperienza di vita che l’amico Enrico Rava ha scritto nel suo ultimo libro biografico intitolato ‘Incontri con musicisti straordinari’, dove racconta di un nostro concerto a New York. Suonavamo al Blue Note e tra il pubblico c’era Winton Marsalis. Enrico scrive che Winton gli disse “… raramente ho sentito un bassista che metta tanta anima in ogni nota”. Questa sua affermazione mi dà la conferma che dobbiamo vivere la nostra vita e la nostra musica con pienezza, perché in ogni attimo, in ogni nota, c’è tutta la nostra storia.
Le iniziali di ‘A Beautiful Story’ formano l’acronimo di ‘Antilock Braking System’. Dopo una trilogia sul tema del viaggio (‘Travel Notes’, ‘In Cammino’, ‘Viaggiando’) è una casualità?
Ah Ah Ah! Che combinazione, ti confido che qualche settimana fa, annotando sulla mia agenda tascabile uno dei prossimi concerti estivi del gruppo, ho usato questo acronimo e mi son reso conto che viene fuori ABS, forse perché sono sulla soglia dei sessanta e devo cominciare a frenare i miei viaggi? Ok, allora nel futuro prossimo mi dedicherò solo alle Beautiful Story!
Prevalentemente ascolto la musica in macchina nei miei spostamenti. Con ‘A Beautiful Story’ mi è capitato di fare un viaggio nel viaggio. L’ascolto delle tue composizioni mi ha portato a vivere un po’ come in un sogno ad occhi aperti, come se la tua musica fosse la colonna sonora di situazioni immaginarie. O ricordi che tornano alla mente. Cosa provi quando riascolti i tuoi brani? Hai mai pensato di proporli per colonne sonore?
Sono felice di queste tue impressioni e anche del fatto che ascolti musica in auto. É il mio luogo prediletto. Ho un ottimo impianto sonoro e quando viaggio da solo ascolto musica in continuazione, è un rifugio sacro. Riuscire a far partecipare gli ascoltatori al mio viaggio personale in musica è un grande risultato, così come stimolarne universi personali. Nei concerti dico al pubblico che noi abbiamo il dovere di prendere per mano chi ci ascolta e, come se fossimo dei ‘Virgili danteschi’, dobbiamo accompagnare gli ascoltatori nel nostro viaggio musicale, un po’ come se fosse la visita al nostro bell’inferno interiore, che conosciamo bene. Quando riascolto il cd mi sovvengono molte immagini che hanno stimolato e ispirato la composizione dei brani e la mia mente vola a tanti momenti prima e durante la registrazione. Un’altra cosa che mi piace molto è ascoltare le registrazioni dal vivo fatte successivamente. É interessante scoprire come ognuno di noi tratta la musica dopo aver suonato lo stesso brano decide di volte.
Tante volte ho immaginato con piacere di scrivere musica per colonne sonore, così come alcuni giornalisti hanno scritto, sembra che la mia musica abbia una grande forza evocativa e questo mi fa piacere, conferma che scrivo in modo onesto cercando di portare in musica emozioni e immagini di vita che ho veramente vissuto. Se questo mio modus compositivo arriva alle persone, vuol dire che sono sulla strada giusta e onesta con me stesso .
Sarei molto felice di mettermi alla prova scrivendo una colonna sonora, anche se so bene che è un mercato difficile in cui poter entrare. Ma chi lo sa? Chi conosce il futuro? Continuerò a scrivere e il futuro deciderà se darmi qualche chance!
Guardando il tuo sito, osservando le tue foto, mi ha colpito molto la luce dei tuoi occhi: immensa. Come se fossero prima loro a parlare di musica, e poi le tue mani a trovarne una nuova collocazione. Può essere sinonimo del sacro fuoco dell’arte che vive in te?
Io amo suonare e nel momento in cui posso farlo sento in me una trasformazione, mi sento bene con me stesso, anche dopo quasi 40 anni ogni volta è come se fosse la prima volta, in cui mi sono innamorato, sono felice di potermi esprimere attraverso questo dono che la natura e il mio destino mi hanno regalato. Forse questa è la luce di cui scrivi, il fuoco che brucia in chi ama, ogni essere che sa amare ha questa luce. Sarebbe bellissimo poterla vedere negli occhi di tutti e vorrebbe dire che tutti amano ciò che fanno. Il Mondo sarebbe più bello.
Se devi scegliere tre nomi, per tre lustri differenti, quali possono essere, senza seguire necessariamente una contemporaneità musicale, tre musicisti che hanno arricchito il tuo bagaglio e/o le tappe del tuo percorso?
Ahi ahi, mi metti in difficoltà, è difficile dare solo tre nomi, tre sono pochi, il mio universo musicale è composto da migliaia e migliaia di stelle. Fammi scrivere almeno tre nomi tra i contrabbassisti. Istintivamente direi Charles Mingus, Ron Carter, Charlie Haden e tra i geni universali del jazz: Louis Armostrang, Duke Ellington, Miles Davis.
35 anni di carriera, 5 album che portano il tuo nome, oltre 70 CD nei quali c’è la tua collaborazione. Sei passato da sideman a band leader. Sei soddisfatto di tutto il tuo percorso, o vedi ancora un ‘oltre’ da raggiungere?
Sono soddisfatto per ciò che ho fatto finora. Sono 35 anni che vivo facendo solo musica e ho sempre suonato la musica che volevo e con artisti meravigliosi: Enrico Rava, Stefano Di Battista, Roberto Gatto, Dado Moroni, Elvin Jones, Kenny Barron, Pat Metheny, Michael Brecker, Benny Golson, Gato Barbieri e ancora altre centinaia di grandi nomi. Sono stato anche fortunato. Qualcuno mi ha detto che forse ho atteso troppi anni prima di cominciare la mia carriera di Band Leader, ma credo sinceramente che il mio destino, il mio tempo e le esperienze della mia vita, abbiano sempre deciso il meglio in tutti i miei passi. Allora continuo ad aver fiducia nel fato.
La cosa meravigliosa del mio lavoro è che appena hai finito di incidere fissando sul disco la raccolta delle tue idee e delle emozioni, cominci subito a pensare ad un nuovo progetto. Nonostante in questi mesi sia molto impegnato con ‘A Beautiful Story’, dentro di me c’è già la scintilla per il futuro cd che viene alimentata da continui nuovi impulsi che scorrono nelle mie vene e già suonano dentro di me stimolandomi a pensare al nuovo lavoro. Per essere sincero in testa ho tre progetti, uno dove mi prenderò anche il lusso di cantare, mia grande passione, un altro album di basso in solo a tu per tu con la mia vecchia signora ‘contrabbassa’! Vorrei anche un cd continuazione di questo mio ultimo disco. Mi dedicherò a questi progetti subito dopo l’estate. Per ora mi sto godendo moltissimo i concerti del tour di ‘A Beautiful Story’ che andrà avanti per tutto il 2017.
É iniziata la tua tournée il giorno prima dell’uscita del tuo album. Per il mood del tuo disco c’è un luogo ideale dove presentare ‘A Beautiful Story’ ?
Tutto il mondo.
Tutti hanno bisogno di Beautiful Stories.
E a me piace raccontarle.
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