Tendenzialmente non sono solita inserire modi e modalità di conoscenza nei miei articoli, se non in casi strettamente necessari, però credo che in questa storia sia fondamentale presentare volti e periodi proprio perchè riconducibili ai quasi ventitré anni di Sharon. Qualche anno fa la giovane ragazza di Mozzate, frequentava il quinto anno di alberghiero, quando un mattino del mese di maggio, c’era qualcosa che infastidiva la sua spalla. “Un dolore qualunque all’articolazione dovuta a sforzi o movimenti fisici” pensava Sharon, la quale non ha mai mancato ad un solo appuntamento sul campo di pallavolo. Da quel giorno, trascorre l’estate 2012 e il rimando al controllo dal medico di base viene programmato a settembre. Le fitte al braccio erano sempre più frequenti e capitava spesso di avere quel tipo di fastidio localizzato alla spalla, tant’è che a distanza di settimane una sua amica le aveva fatto notare una sorta di “gonfiore” cutaneo. “Oltre al dolore che ormai mi accompagnava da qualche tempo, erano arrivate le sensazioni di intorpidimento al braccio, così insieme ai miei genitori, avevo deciso di andare in ospedale a fare un controllo”, spiega Sharon che rimase lì seduta in quell’atrio spoglio per più di sette ore. Ne fosse valsa la pena, lei e i familiari avrebbero atteso per più tempo, ma l’inconveniente peggiore era quello del macchinario per la risonanza che non funzionava. “Non restava che raggiungere l’ospedale da loro suggerito, quello di Tradate e una volta eseguito l’esame, c’è stato un corri corri generale per cui il medico desiderava invitare in colloquio i miei genitori”. Un referto agghicciante che aveva lasciato inerme e senza forze Sharon, andata da sola in ospedale credendo di sottoporsi a un semplice controllo da cui sarebbe emerso lo sforzo fisico pensato quel mattino. “Il tuo braccio si può paragonare a un groviere – Neo formazione callifica”. Parole prive di ogni calore, che prese singolarmente lasciavano posto a un vuoto raccapricciante in cui Sharon stava vivendo in quella stanza d’ospedale. “Mio padre non dava a vedere la tensione che si poteva percepire anche solo incrociando il suo sguardo, mentre mia madre era fortemente preoccupata”, ricorda la giovane; “il venerdì della settimana successiva, dovevo sottopormi a una nuova risonanza che avrebbe dato una volta per tutte, la risposta a queste parole di angoscia che vedevano scritto “sospetto” in ogni angolo del foglio. Era tutto sospeso in quel lasso temporale nel quale Sharon cercava un lavoro, avendo conseguito la maturità nel suo campo preferito, la culinaria. Quel venerdì di fine ottobre era arrivato con “una preparazione psicologica abbastanza nella norma, in quanto ero entrata nell’ottica che tutto si sarebbe potuto affrontare e non restava altro che conoscere l’esito definitivo”. Una Sharon che al termine della risonanza e al ritiro di quella busta era consapevole del fatto che la sua famiglia ci sarebbe stata e in altre occasioni gliene aveva dato prova. Un pò come quella cara amica che si trovava in Australia e ci sarebbe rimasta un anno, a cui aveva detto che la risonanza sentenziava senza altre spiegazioni con “Osteosarcoma”. “Il lunedì dopo mi trovavo al Gaetano Pini per la biopsia e nella stanza insieme a me del reparto ortopedico oncologico, c’era una bimba di pochi anni”, racconti che fanno parlare gli occhi di Sharon, profondi e belli ma specialmente ottimisti. “L’incontro che mi aveva segnata ma che ora porto nel cuore è stato nel momento in cui la dottoressa mi ha presentata ad una ragazza operata di cancro, senza una gamba e senza capelli”. In questi tre anni di chemio, esami generici, nove operazioni, tra cui una al braccio destro in cui Sharon ha una protesi, la mia mano si ferma perchè un brivido attraversa il foglio che racconta la storia di Sharon e dove c’è scritto di tutto tranne che “sospetto”. Un nodo in gola stringe le emozioni che può dare ascoltando e raccogliendo la testimonianza di una ragazza che sta vivendo una battaglia giornaliera, oggi senza impiego alcuno, eccetto la lettura punto di conforto, perchè “i miei datori avevano un progetto su di me ma per le condizioni di salute non mi hanno rinnovato il contratto”. Un lavoro di cui Sharon e altri come lei hanno bisogno e non possono essere oggetto di esclusione sociale. Durante quell’incontro Sharon ha pianto, potendo così sfogare quei mesi fitti di impegni in corsie ospedaliere e dove in poche occasioni ha conosciuto professionisti con un pò di tatto. “Adesso cominceranno i cicli di chemioterapie”, le avevano detto alla giovane roccia invitandola a leggere i possibili effetti collaterali, sui quali però c’era, tra i terribili, quello con scritto “una volta terminato il periodo di cura, potrai coronare il sogno di viaggiare”. Sharon oltre che all’ambiente tra i fornelli, ama viaggiare ed è stata a Berlino. Una prossima tappa programmata per maggio, mese dell’anno in cui Sharon ha sempre ricevuto cattive notizie sulla sua salute, ma che tra pochi mesi la porterà in Spagna, insieme a una nuova ma già preziosa amica, Marta. Marta Ferrante non è solo una semplice infermiera che indossa il camice a orsetti e regala sorrisi in corsia, è la ragazza con cui Sharon ha pianto, riso, colorato i sassi e scattato tante foto insieme. Più vicino però, oltre al suo prossimo controllo, previsto per il 16 febbraio, c’è il suo compleanno, in data giovedì 11/2. #forzasharon #iostoconsharon e la V in segno di vittoria.
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